Ho sempre avuto un’ammirazione per chi mi diceva di saper fare il pane con la pasta madre.
Era qualcosa in cui fino a qualche anno fa non mi ero mai cimentata e proprio per questo immaginavo che richiedesse un impegno e una dedizione, nonché forse un talento innato, che non sentivo di possedere. Già il nome suscitava in me rispetto. Possedere la pasta madre era uno status che non mi apparteneva. Non faceva parte delle tradizioni familiari, come immaginavo potesse solo essere. Attribuivo a chi ne parlava un’aurea speciale, quasi mistica.
Poi alcune estati fa è arrivata all’agriturismo Noga, un’ospite da Israele. Viaggiava con la sua pasta madre, di non so quanti anni, e dovunque si recasse faceva il pane con quella. È stato grazie a lei che ho imparato a usarla ed è stata lei a regalarmi una parte della sua madre perché potessi continuare a sperimentare e a trovare il mio modo di fare il pane.
Da allora non ho mai smesso e, nonostante siano passati diversi anni, mi piace pensare che la mia pasta madre sia ancora quella arrivata da Israele.
I rudimenti che ho imparato in questi anni:
La pasta madre non è altro che un miscuglio di acqua e farina, lasciato a fermentare in un contenitore aperto coperto da un panno umido, per alcuni giorni, in un angolo della propria cucina.
Una volta ottenuta la pasta lievitante del tutto naturale, si deve conservare in frigorifero, in un barattolo chiuso.
Questa pasta chiamata madre è la base da cui attingere per fare il pane e va nutrita e reintegrata ogni volta che ne viene utilizzata una parte per un impasto
Il mio barattolo è di quelli a chiusura ermetica con gancio del volume di un litro. Quando voglio fare un impasto lo apro e ne estraggo due cucchiai pieni per metterli in una ciotola. Poi reintegro due cucchiai pieni di farina e una quantità di acqua tale a ottenere una consistenza molle e uniforme di impasto da riporre in frigo.
Ai due cucchiai nella ciotola aggiungo circa 300/400 grammi di farina e tanta acqua quanta ne serve per ottenere un impasto molliccio da coprire con un panno umido e riporre per diverse ore. In genere faccio questa operazione la sera prima di andare a dormire, così da avere la mattina presto la base lievitante adatta per preparare il pane o la pizza
Mi accorgo di poter utilizzare l’impasto perché si formano bolle dovute alla fermentazione/lievitazione. A questo punto aggiungo la farina per ottenere un pane di circa un chilo (quindi 600 gr tra farina integrale e di grano duro), il sale e l’acqua necessaria a impastare e ottenere una bella palla non appiccicosa.
Questo impasto va lasciato lievitare ancora qualche ora, almeno quattro e poi può essere usato per creare pagnotte, panini, pizza o torte rustiche
La scelta delle farine è un aspetto importante per creare diversi tipi di pane
Se voglio usare la pasta per fare la pizza allungo i tempi di lievitazione e aggiungo olio d’oliva al secondo impasto perché venga più friabile