In questi giorni mi sono immersa nella solitudine della campagna di dicembre:
colori rosso arancione ancora d’autunno che cambiano velocemente nei grigi azzurri invernali; il buio arriva presto, portando con sé la sonnolenza e poca voglia di fare, se non aggiungere legna al camino; le attività di preparazione per il Natale che si avvicina ma senza troppa fretta, senza quella frenesia che ti prende in città…
Mentre ero assorta in questa atmosfera mi arriva un messaggio da mio fratello che è in visita a New York: “Torno domani, ti serve qualcosa?”. E istintivamente la mia risposta è stata: “Grazie, ma sono circondata dalla solitudine della campagna e mi sembra che tutto ciò che mi serve è qui…Certo se fossi a New York anche solo per un attimo, mi verrebbero mille voglie”.
Sorridevo tra me e me, pensando a tutte le volte che qualche amica newyorkese mi ha chiesto, venendo in Italia: “Cosa vuoi che ti porto?” E io, una volta le “gommine” da cancellare che si “avvitano” sul retro delle matite, una volta le “ziplock bags” (bustine di plastica con la chiusura a cerniera per conservare cibi e merende), o chissà che altro oggetto introvabile in Italia e qui in Umbria in particolare. Ma davvero poi necessario?
È il secondo inverno questo che passo divisa tra l’Umbria e Roma. I figli sono ormai inseriti nella vita della Capitale (scolasticamente parlando) e io e Breon siamo diventati pendolari tra l’agriturismo e la città. Ed è proprio ritornando in campagna dopo qualche giorno in città che mi rendo conto ancora più fortemente di quanto tante cose diventino superflue. Lo scorso fine settimana avevamo un bel gruppo di ospiti e al solito non sono mancate le occasioni di scambio e di confronto. Antonella ha due cani abituati al clima di Roma che hanno cominciato a patire il freddo di queste parti. Così lei, senza esitare ha tagliato un suo maglione e creato due vestitini per cani (uno da una manica per la più piccola e uno dal busto per la più grande). Sono rimasta colpita dalla riuscita della creazione. E ho pensato a quanto siamo spinti alla creatività e all’inventiva quando non abbiamo tutto a portata di mano (o di portafoglio).
Di associazione in associazione, ripenso in queste ore al primo inverno passato su questa collina, quando ancora l’agriturismo era solo un sogno. Avevamo due valigie, due bambini piccoli, una casa grande ma dotata solo dell’essenziale, una linea telefonica, niente internet e niente televisione per i primi sei mesi. Sembra strano oggi rivedermi così, eppure ho dei ricordi meravigliosi legati a quei primi mesi. Uno fra tutti: la prima neve e il tentativo di creare una parvenza di slittino con le buste della pattumiera sotto il sedere, per scivolare da una discesa ripida e adatta allo scopo nel bosco. Avevo tra le gambe Lucia di un anno e di fianco Simon di quattro anni. Quando penso a quel momento è come se prendessi una pillola di felicità.